29 novembre 2006

Lavorare per vivere, non per morire!

Le chiamano morti bianche e nelle redazioni non sono (quasi mai) una notizia. Eppure si muore sul lavoro. Tanto, tantissimo. Troppo. Il lavoro nero, le condizioni di sicurezza nei cantieri non sempre all'altezza, subappalti che vanno verso manodopera sempre meno pagata, caporalato. Non sono problemi nuovi, ma ogni volta che si decide di denunciare la tragedia delle morti sul lavoro è perché si sfiora la strage.
Sdegno, rabbia, promesse, iniziative e poi? Poi non succede nulla o quasi e i problemi tornano ad essere gli stessi e le vittime pure. Ora il Governo sembra volersi muovere in direzione prevenzione e interventi contro il lavoro in nero. Bene, ma non so quanto efficaci possano essere gli effetti, specie nel breve periodo.
Temo che i cantieri possano risentire sempre e comunque dei caporali, dei subappalti e delle infiltrazioni criminali. Che fare? Intervenire sicuramente con normative sempre più rigide sui criteri e sulla sicurezza, mantenere alta l'attenzione sulla stampa, comunque, e non solo se è il Presidente della Repubblica ha lanciare un grido di allarme. E magari, fermarsi un po' tutti a pensare che si lavora per vivere, non per farsi ammazzare!

jordy

24 novembre 2006

A scherzar coi santi...

La satira sembra essere diventata l'ultima frontiera dell'intolleranza. Sia da chi la pratica, sia da chi la subisce. Ci sono indubbie esagerazioni che possono sfociare nel cattivo gusto, ma la satira deve essere politicamente scorretta? Assolutamente sì! Soprattutto se tocca il Potere, costituito, secolarizzato, sclerotizzato nel suo alone di intoccabilità.
La questione è, ovviamente, legata alle simpatiche parodie e ironie di Fiorello e Crozza verso il Papa e il suo segretario belloccio. La prima domanda è: è più comico Fiorello che gli fa il verso o lo stesso segretario che si fa fotografare da un noto settimanale in tenuta da tennista? La seconda è: il Vaticano deve essere escluso dalla satira? Per la prima domanda, mi sembra perfino banale, quindi quasi intelligente, pensare che se si è tanto "aperti" da mostrare aspetti privati, da normalità quotidiana, altrettanto comprensivi e autoironici si deve accettare le battute, simpatiche, sicuramente non volgari e nient'affatto offensive del conduttore di Viva Radio 2. Altrimenti non si può parlare di rispetto verso istituzioni importanti e culla della fede. E', tristemente, solo una forma di antipatica boria, figlia di un'atteggiamento supponente di chi pretende d'imporre solo ciò che più gli garba.
E la seconda domanda? La risposta è sicuramente più politica. Il Papa non è solo la guida spirituale dei tanti milioni di fedeli sparsi sul globo terracqueo, è anche capo di stato e spesso il Vaticano entra deciso (a gamba tesa, per i calciofili) nella politica nostrana. Basti ricordare le incursioni su fecondazione assistita, aborto, pacs, omosessualità. Meno male che la Lttizzetto non dimentica "Eminems", stuzzica la discussione su temi laici e che non sono priorità di Santa Romana Chiesa. E perché non si può parodiare anche il Papa, soprattutto se, come fa Crozza, interviene più sui luoghi comuni teutonici e sul peso del predecessore di Ratzinger per mostrare un aspetto palesemente finto e, spesso, gustoso e non sulle linee teologico-politico-filosofiche. Non ci vedo nulla di offensivo.
Ma pronti i nuovi Crociati, fieri alla pugna, elevano strali su questi disgustosi attacchi alla cristianità e alla doppiezza di chi difende l'Islam nelle sue crociate anticristiane e non difende la propria religione. Il rispetto vale per tutti, le minacce fondamentaliste a proposito delle vignette su Maometto sono esecrabili, ma intelligenza, cultura e il presunto progresso dell'occidente avanzato, dovrebbero mostrare la capacità di saper ridere di se stessi innanzitutto.
Ma la difesa dell'identità rende tutti, e dico tutti, fondamentalisti. Esistono anche tra i cattolici, a volte...Vorrei poter ridere un po' di tutti, democraticamente e con tolleranza. E' la mia maniera di rispettare il prossimo. Ma qualche volta, mi sento io poco rispettato, da laico, da chi alza lo sdegno per queste manifestazioni poco tolleranti. Lasciamo stare la satira, è uno strumento di critica e, spesso, d'informazione. Chi vuole metterle il bavaglio, vuole il pensiero unico.

Que viva el respecto! Que viva reir!

Jordy

07 novembre 2006

Ne vale la pena?

Ne vale davvero la pena...di morte per Saddam? Riconosciamo le sue enormi, spaventose responsabilità sugli eccidi durante la sua lunga carriera da Raìs. E' persona spregevole e sanguinaria e merita la condanna. Lo dico subito, così da spazzare via ogni discussione sulla figura di Saddam. Ma mi domando se la condanna a morte sia la strada migliore, se questo possa aiutare la riconciliazione nel marotriato Iraq, oppure se serva a garantire una sconfitta di misura (o un pareggio, secondo i più ottimisti) al simpatico George W. Bush.
Già, perché la destabilizzazione del Medio Oriente non è più un rischio, peggio di così direi è molto difficile, a meno che non si pensi alla cancellazione fisica di tutta l'area. Ma la condanna a morte di Saddam amplificherebbe i rigurgiti anti-occidentali, il rischio di un nuovo arfforzamento dell'estremismo islamico, il pericolo di nuovi e più feroci attentati. E il problema viene acuito dai dubbi sulla legittimità e regolarità del processo contro il dittatore, denunciato da molte Ong. E dall'opportunità, in un mondo che da un lato cerca di cancellare la pena capitale e dall'altra la sostiene per fini elettorali interni (sarà mica un caso che Bush è il solo realmente esultante per la sentenza).
Ormai è universalmente riconosciuto l'errore della guerra in Iraq e la falsità dei pretesti adotti per intraprendere il conflitto. Cerchiamo di non aggiungere errore a errore, evitiamo di creare un nuovo (falso) martire per compattare il fronte estremista e terrorista. Condanniamolo al carcere a vita, che possa pagare in cella il fio. Saddam è stato un feroce, sanguinario dittatore, ma non dimentichiamo che chi armato le sue mani è lo stesso che ora se ne vuole sbarazzare.

Sin matar!

Jordy